Mons. Gianrico Ruzza*

Oggi ci affacciamo a un giorno nuovo, una vita rinnovata.

La notte che abbiamo trascorso è stata segnata dalla preghiera e dal sacrificio, in cui abbiamo provato il passaggio dalla schiavitù alla libertà.

Non è stata una notte qualsiasi, è stata la notte della vita che ci ha portato a una creazione nuova grazie al compimento dell’opera salvifica in Cristo.

Il crepuscolo della nostra umanità - quello della guerra e delle ingiustizie, quello in cui respingiamo le persone che chiedono aiuto e in cui sopportiamo abusi di ogni tipo, quello dove l’umanità sembra vivere nell’indifferenza rispetto al dolore e alla sofferenza dei poveri e degli ultimi - può diventare l’aurora spendente del sole che fa luce su tutto.

Chi ci illumina è Signore Gesù: la vita che vince la morte.

La Pasqua è il giorno in cui l’umanità, avvolta dal peccato, ha trovato il ricongiungimento con Dio che per amore nostro ha scompigliatoi progetti della ragione: dapprima si è incarnato attraverso suo Figlio, scegliendo di condividere tutto dell’umanità sofferente e successivamente si è posto al servizio degli uomini, come dimostra il segno della lavanda dei piedi che abbiamo ripetuto Giovedì Santo.

È il gesto degli schiavi, di coloro che non contano alcunché nella società e diventa il segno più nobile di cui l’uomo sia capace: chinarsi sull’altro e guardare, curare, custodire le sue ferite e la sua vita.

È stato lo stesso Gesù a chiederci che la Pasqua sia un memoriale, un invito a comprendere che in ogni situazione della nostra esistenza Dio è con noi come lo è stato la notte del passaggio dalle tenebre degli inferi fino alla luce della comunione col Padre e con gli uomini nella glorificazione della Resurrezione.

La memoria dell’offerta che ognuno di noi può ripetere nel servizio ai fratelli.

Per capire appieno il gesto di Gesù occorre infatti amare in un modo nuovo, non più con l’egoismo della reciprocità e della soddisfazione, ma con gratuità e offerta. Un sentimento di umiltà e incontro, relazione e servizio.

Non basta infatti dire che Gesù è il Maestro, occorre vivere come Lui iniziando a lavarci i piedi gli uni gli altri. Prendersi cura dell’altro nella sua verità, povertà, fragilità. Un’attenzione rivolta certamente a coloro che vivono di stenti, ma c’è anche bisogno di pensare alla povertà del cuore, alla solitudine, alla fragilità mentale, alla dispersione dei valori, all’assenza di un riferimento alle verità che ci parlano di trascendenza e di assoluto.

La Pasqua è Gesù che continua a dirci che ci ama e ci vuole bene, nonostante i tradimenti e gli abbandoni, gli sbagli e le infedeltà; nonostante che il mondo sembra non voler parlare di Lui e della sua resurrezione.

Chi crede nel Signore Risorto ottiene, infatti, il perdono dei peccati. Già da questa vita terrena inizia la nostra liberazione e si compie la nostra glorificazione: possiamo operare scelte e vivere gesti che parlino di amore e non di vendetta, che manifestino tenerezza e non aggressività, che inducano sentimenti di pace e non di odio. Sì, è possibile una vita “diversa”, pasquale, luminosa, sulle orme di Cristo che – scegliendo di essere rifiutato, torturato ed ucciso – ha permesso che noi entrassimo nella libertà e divenissimo luminosi e gioiosi.

L’augurio che faccio a tutti voi è che possiate vivere questa luce, in cui la tristezza si trasformerà in speranza, il dolore in gioia; affinché possiamo tutti essere il fermento di una Pasqua nuova che sappia portare l’annuncio che Cristo è risorto.

* Vescovo Civitavecchia-Tarquinia

©RIPRODUZIONE RISERVATA