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Tre divieti di avvicinamento con l’applicazione del braccialetto elettronico sono stati notificati in questi giorni dalla polizia ad altrettanti uomini che si sono resi protagonisti di maltrattamenti e violenze sulle ex compagne.
Misure emesse dal gip di Viterbo su richiesta della Procura che ha coordinato le indagini.
Si tratta di tre casi nei quali le donne sono state minacciate e in alcuni casi sono finite anche in ospedale.
In particolare, lunedì scorso gli agenti della sezione specializzata in reati contro la persona della Squadra mobile hanno notificato il provvedimento con applicazione del braccialetto elettronico ad un 46enne, responsabile di atti persecutori e lesioni ai danni della ex compagna relativamente a fatti accaduti a Viterbo dal 2021 ad oggi, mediante ripetuti atti di violenza fisica e psicologica, accompagnati da minacce di morte e, in un caso, anche dalla frattura del dito di una mano.
Nella stessa giornata analoga misura è stata eseguita dai poliziotti nei confronti di un 56enne, anch’egli per atti persecutori commessi in danno della ex moglie in un comune della provincia viterbese a partire dallo scorso mese di marzo, tramite minacce di morte, pedinamenti e, in una circostanza, mostrando pure una pistola al figlio minorenne della coppia affermando di volerla usare per uccidere la donna.
Giovedì scorso, infine, è stato notificato un altro divieto di avvicinamento con applicazione del braccialetto elettronico in danno di 41enne di nazionalità cingalese per il reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti della moglie, cui è seguito l’allontanamento dalla casa familiare.
I fatti risalgono a giugno dell’anno scorso, con reiterati comportamenti violenti che, nella situazione più grave, avevano procurato alla donna ferite per le quali era stato necessario il ricorso alle cure mediche in ospedale.
L’Arci di Viterbo esprime forme preoccupazione per la condizioni del carcere di Mammagialla a distanza di pochi giorni dal decesso di un detenuto e dalla conseguente protesta in una delle sezioni del padiglione giudiziario. “In questa settimana - ricorda l’Arci - si è verificato un incendio in alcuni locali che, fino a poco tempo fa, erano adibiti a magazzino e dove, ad oggi, sono stipate circa 20 persone detenute. In questi locali non vi è ricircolo di aria, c’è pochissima luce naturale, le zone dei passeggi non sono adeguate, non esiste uno spazio per la socialità e sembra che in alcune stanze non vi sia luce e acqua”. Secondo l’Arci “il continuo aumento delle persone detenute e la loro gestione non sempre facile, per caratteristiche individuali e per l’appartenenza a circuiti penitenziari diversi, sta portando il sistema al collasso. Non si riescono a garantire i diritti fondamentali - continua - le visite mediche vengono rimandate, i colloqui con gli operatori del trattamento drasticamente ridotti, i tempi per la presa in carico di pazienti psichiatrici e tossicodipendenti si dilatano, i contatti con i familiari sono rallentati. Operatori penitenziari e persone detenute lamentano le stesse criticità: abbandono, invisibilità, impotenza, assenza di ascolto e assenza di sicurezza. In questi giorni caldissimi in cui le condizioni di vita e di lavoro all’interno degli istituti sono intollerabili, il Governo - dice l’Arci- continua a ignorare l’estrema criticità della quotidianità detentiva, rinviando la discussione di provvedimenti deflattivi, lanciando proclami che generano aspettative costantemente deluse, rendendo il clima in carcere ancora più insostenibile”.