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La protesta degli agricoltori si trasforma in dialogo aperto e si sposta dal presidio fisso davanti il casello di Orte alla prefettura di Viterbo. Una delegazione degli agricoltori della Tuscia del Conca sarà ricevuta questa mattina dal prefetto di Viterbo Gennaro Capo per esporre tutti i problemi in campo che, come ha più volte esternato il leader Tonino Monfeli, «a distanza di un anno dalla prima protesta sono peggiorati e non migliorati». Lo stato di agitazione del movimento agricolo della Tuscia è ripreso ufficialmente sabato scorso con alcuni trattori portati nell’ormai conosciuta location della rotonda davanti il casello di Orte. Questa volta, però, il presidio è già saltato per la bassa adesione e le scarse disponibilità degli agricoltori a restare tutti i giorni, unite a una nuova strategia d’azione. «Le novità positive di quest’anno – dice Tonino Monfeli – sono l’unità del movimento, diffuso nel Lazio da noi e ai presidi di Torrimpietra, molti colleghi in Toscana, Emilia Romagna e qua e là in tutta Italia, e l’attenzione data anche da alcune sigle datoriali come Confagricoltura e Cia». Insieme a questi punti positivi, però, restano le doglianze del settore primario che sono tante e irrisolte.
«Le nostre recriminazioni, inviate in una lettera di presentazione che riconsegneremo affinché vengano riportate al Governo – continua Monfeli - evidenziano quanto è ormai noto a tutti in relazione alle crisi economica ed etica che condiziona la società odierna che coinvolgono anche il settore agricolo, profondamente compromesso e sotto un insensato attacco di tipo speculativo e politico».
Per Monfeli e i suoi, quindi, è in atto una vera e propria speculazione finanziaria che ha portato sul lastrico tantissime aziende e, altrettante, intanto hanno chiuso i battenti. «Dal 2000 al 2020 secondo il Report Censi Agri 2021 realizzato dall’Istat – precisa ancora il leader degli agricoltori - le aziende agricole italiane, che già si erano ridotte al 76% rispetto a quelle censite nel 1982, si sono più che dimezzate, sono esattamente il 47% di quelle censite nel 2000. Solo nel 2024, inoltre, secondo i dati del sistema camerale, hanno chiuso in Italia 37.851 aziende del solo settore primario, di cui 2.280 nel Lazio e 516 in provincia di Viterbo, tutte legate ad attività produttive gestite a livello familiare».
Insieme a queste problematiche si sommano anche altre come i guadagni pressoché nulli per il dominio delle multinazionali e della grande distribuzione e il cibo sintetico che sta entrando nel ciclo dell’Unione Europea. «La produzione ora si sta diffondendo nei laboratori senza nessuna etica – continua Monfeli – con la produzione di alimenti sintetici con proteine alternative o bioidentiche, carne e latte sintetici. Si esportano ‘eccellenze’ ricavate dalle nostre tradizioni locali ma prodotte ormai con merce scadente che tutti gli Stati dell’Unione europea avevano l’obbligo, in base al Trattato di Roma del 1957, di non fare entrare a prezzi inammissibili, imposti dalla globalizzazione creata ad arte dall’Organizzazione Mondiale del Commercio dalla cui arroganza non ci ha difeso nessuno”.
Altra recriminazione del movimento è la situazione “degli espropri per pubblica utilità che stanno depredando i terreni agricoli in provincia di Viterbo trasformando territori con la vocazione di produrre cibo in comprensori di sfruttamento intensivo a solo vantaggio di pochi azionisti di maggioranza dei fondi di investimento». Dal prefetto Gennaro Capo il movimento guidato da Tonino Monfeli si attende una forte sensibilità e di farsi portavoce verso più alti livelli istituzionali.
«Chiediamo – conclude Monfeli - la dichiarazione dello stato di crisi socio-economica di tutto il settore primario da parte di Regioni e Stato con l’elaborazione di una moratoria immediata per l’indebitamento di tante famiglie che gestiscono il settore definito primario; le riforma delle politiche contro l’asservimento all’agroindustria: il ripristino della legalità con la denuncia delle pratiche sleali inflitte agli agricoltori; il ridimensionamento degli accordi internazionali per il commercio imposti dal Wto sui prodotti alimentari scadenti frutto dello sfruttamento dei lavoratori; la segnalazione delle aberrazioni della politica con la transizione energetica accelerata».