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Una vera e propria lista di proscrizione, quella redatta dal comitato per l’acqua pubblica Non ce la beviamo.
Nell’elenco sono riportati i nomi dei 26 sindaci, con Alessandro Romoli citato sia nella veste di presidente dell’Ato che di primo cittadino di Bassano in Teverina, che per l’associazione si sono resi colpevoli di aver votato a favore dell’ingresso dei privati in Talete.
Lo scorso 14 novembre l’assemblea dei sindaci dell’Ato ha dato parere positivo all’avvio delle procedure che porteranno alla cessione del 40% delle quote societarie della spa che gestisce il servizio idrico nel Viterbese.
Procedure che si concretizzano nel bando da pubblicare entro fine anno.
Non praticabile l’unica altra alternativa sul tavolo: la ricapitalizzazione da parte dei Comuni.
I sindaci, per scongiurare il rischio di dover portare i libri in tribunale, avrebbero dovuto versare nelle casse della società 32,3 milioni di euro, entro il 31 dicembre.
Dalla lista stilata da Non ce la beviamo sono esclusi i sindaci di Viterbo e Ronciglione, rispettivamente Chiara Frontini e Mario Mengoni, gli unici due ad aver votato contro e quelli di Tarquinia Alessandro Giulivi e di Caprarola Angelo Borgna che si sono astenuti.
Nel suo j’accuse il comitato evidenzia i nomi dei 'rei' che hanno votato sì alla privatizzazione della gestione dell’acqua nella provincia di Viterbo e afferma: «Se le bollette per il servizio idrico subiranno un'impennata, se potremo dire addio all'acqua pubblica che avevamo scelto con il referendum del 2011 e con la legge regionale d'iniziativa popolare 5/2014, è bene sapere di chi è la responsabilità».
«I frutti dell’esperienza politica provinciale, che vede Forza Italia alleata con il Pd, - prosegue - in questo caso insieme anche a FdI e Lega, sono frutti avvelenati».
Non ce la beviamo conclude invitando i cittadini a ricordare bene i nomi di questi sindaci quando riceverete le bollette della nuova gestione.
«E soprattutto - ammonisce - ricordateveli bene quando si andrà alle urne per le future elezioni».