Sofia ha realizzato il suo sogno: da circa una settimana ha un esoscheletro che le permette di muoversi autonomamente. A dare la notizia è stata la consigliera comunale del Pd, Francesca Sanna, che ha seguito personalmente la vicenda fattale conoscere dalla mamma di Sofia, Eviya. Sofia aveva bisogno di un esoscheletro Trexo che era reperibile solo in Canada: subito è scattata la gara di solidarietà di Viterbo che ha visto scendere in campo anche il Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa che, nello scorso mese di marzo, aveva organizzato una cena di beneficenza alla parrocchia di Santa Maria delle Farine con oltre 250 persone intervenute. Insieme a loro anche altri soggetti, promotori di eventi di beneficenza per Sofia, come le parrocchie di Santa Barbara e Santa Maria della Grotticella, Archeotuscia, Viterbo Runners e l’associazione Kyanos. Senza dimenticare tutti i singoli cittadini che hanno voluto fare una donazione diretta mediante il crowdfunding sul sito Gofundme.

«La raccolta fondi avviata mesi fa per acquistare un esoscheletro che aiutasse la piccola Sofia a camminare ha raggiunto l’obiettivo grazie alla solidarietà – dice Francesca Sanna - È stata un’impresa riuscita con un avvolgente spirito di beneficenza e grazie alla collaborazione di tante persone che si sono messe a disposizione».

La consigliera Sanna, poi, snocciola i numeri che rendono l’idea di quanto sia costato permettere a Sofia di realizzare il suo sogno: 36.889 euro il costo dell’esoscheletro; 3 mila euro il contributo per l’utilizzo dell’apparecchio; 4.549 euro i soldi per il viaggio in Canada e i costi burocratici; 1.130 euro il supporto alle spese socio-sanitarie di Sofia. In tutto 46.210 euro che sono andati ben oltre i 40 mila necessari preventivati all’inizio. L’eroina vera, però, è la mamma della piccola, Evivya, che segue 24 ore su 24 Sofia supportandola per la fisioterapia e i movimenti minimi per permetterle una seppur minima autonomia funzionale. Quello dell’esoscheletro non è il primo ma il secondo “miracolo” che Viterbo compie per Sofia e sua mamma, che si è trasferita a Viterbo nel 2014 allo scoppio della crisi in Donbass, di cui lei è originaria. «Sono fuggita dal Donbass in Ucraina nel 2014 – dice Evivya - precisamente dalla città di Kramators’k. All’epoca Sofia aveva appena 8 mesi. Premetto che vivo sola perché sono rimasta orfana. Ho portato la bambina subito all’ospedale Bambin Gesù di Roma per accertamenti e, appena arrivati in Italia, le è stata diagnosticata una malattia genetica rarissima, forse un caso unico nel suo genere che non ha neanche un nome ufficiale ma solo il codice 1q42.13q44 e la classifica delezione del primo cromosoma».

«Da quando ho saputo della malattia di mia figlia – dice ancora Eviya - è cominciata la lotta quotidiana per seguirla. Sofia ha un grave ritardo psicomotorio ed è seguita anche dal reparto di Neuropsichiatria infantile della Asl di Viterbo insieme ai Servizi sociali del Comune».

Evivya è commossa per il risultato ottenuto e ringrazia tutti coloro che sono intervenuti concretamente per raggiungere la quota necessaria per l’esoscheletro.