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Maria Chiara Pantaleoni, di Orte, ha prestato il volto a Santa Rosa per la realizzazione del progetto di “Dies Natalis”. Come ha confidato ieri a La Provincia lo stesso ideatore Raffaele Ascenzi, i collaboratori sono stati fondamentali per arrivare allo storico risultato di vincere per la terza volta il concorso di idee.
Maria Chiara Pantaleoni come nasce l’incontro con Raffaele Ascenzi per essere l’immagine di Santa Rosa?
«Conosco l’architetto Ascenzi da diversi anni. Ho avuto modo di apprezzarne fin da subito le doti umane e quelle professionali. La mia collaborazione con lui per il progetto della nuova macchina di Santa Rosa risale a cinque mesi fa. Abbiamo iniziato a parlarne informalmente quando il progetto era in fase embrionale: più una serie di suggestioni e di evocazioni su come immaginare prima e programmare poi la mia partecipazione al progetto. Per me da subito una grande emozione: pensare di prestare il mio volto a Santa Rosa sapendo dell’immenso valore che la sua vita esemplare ha per i cittadini viterbesi mi ha posto di fronte ad una grande responsabilità a cui ho inteso rispondere con grande serietà, cercando di conoscere ancora meglio la storia della santa, della Macchina, delle emozioni che ogni trasporto mette in campo. Raffaele mi è stato di grande aiuto e supporto ad entrare in empatia con la sua idea progettuale che trovo di straordinaria bellezza».
Può riassumerci il lavoro svolto?
«Il lavoro, dopo la fase preparatoria preliminare, è consistito in una serie di sedute di scansione 3D da cui, poi, sono state modellate le statue che ornano la macchina. Il lavoro svolto è assai complesso e ha coinvolto uno staff di professionisti di assoluto valore».
Che giudizio dà di "Dies Natalis" e cosa l'ha colpita di più della nuova Macchina?
«Dies Natalis è un capolavoro. Una interpretazione della Macchina di Santa Rosa che recupera forme della tradizione innovandole dal punto di vista sia estetico che costruttivo. Credo che il lavoro fatto dall’architetto Ascenzi segni un nuovo punto di partenza da cui non si potrà prescindere in futuro».
Lei è di Orte: cosa la colpisce di più della manifestazione del Trasporto della Macchina di Santa Rosa?
«Ho sempre guardato al Trasporto con grande partecipazione e ho avuto modo di assistere al passaggio della Macchina molte volte. Questo mi ha consentito di entrare in un progetto così emozionante con grande rispetto ed in punta di piedi, consapevole dell’importanza dell’occasione che mi è stata data. Con grande rispetto: il rispetto che si deve ad una tradizione centenaria che ha un valore immenso per la città di Viterbo e per i suoi cittadini».
Quanto tempo ha lavorato con Ascenzi per questo suo ruolo?
«Il lavoro, durato cinque mesi, è stato intenso. La cosa più difficile da tenere dentro fino alla proclamazione sono state tutte le emozioni e le sensazioni provate nel corso delle settimane in cui il progetto prendeva corpo. Ora posso dire di essere felice e di essere orgogliosa di avere contribuito ad un progetto così bello».