CIVITAVECCHIA – La transizione può davvero passare per progetti legati all’eolico offshore? È questa la domanda che ci si sta ponendo oggi, anche a Civitavecchia, in vista dell’uscita dal carbone entro il 2025. I dubbi restano, più che altro, sul disallineamento dei tempi ma anche su quelle che sono le infrastrutture attuali. Civitavecchia, non lo nasconde ormai, punta su questo settore come alternativa green e di sviluppo.

Lo ha scritto nero su bianco nel Documento unico del territorio sottoposto nei mesi scorsi all’attenzione della Regione e del Governo. È stato ribadito a più riprese nel corso dei diversi tavoli che si sono svolti. È stato auspicato anche con la novità rappresentata dagli emendamenti al Dl Energia sulla partecipazione al bando per la realizzazione delle piattaforme e infrastrutture connesse degli impianti per l’eolico off-shore galleggiante, che aprono nuove importanti opportunità per il porto di Civitavecchia. Di tutto questo si parlerà nel prossimo consiglio comunale aperto, convocato per il 6 marzo prossimo all’aula Pucci.

Ma il territorio è davvero pronto allo switch off?

Qualche dubbio arriva dalle parole del presidente dell’Adsp del Mar Tirreno centro settentrionale Pino Musolino che, intervenendo giovedì scorso al convegno “1994-2024: 30 anni insieme nei porti”, organizzato dal Comando generale e Assoporti per celebrare i 30 anni dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, si è soffermato proprio sul tema dell’eolico offshore. «Abbiamo 8 richieste nel mare prospiciente Civitavecchia - ha spiegato - un impianto del genere si posiziona su mari con fondali da 400 a 700/800 metri, quindi è flottante: le basi delle aste sono come delle grandi navi galleggianti. Hanno aste di 200 metri, con motori conseguenti, e pale da 150 metri. Insomma, parliamo di opere colossali». Il problema? «Nessun porto italiano - ha confermato Musolino - è attrezzato a sopportare i carichi da banchina in fase di armamento di questo strutture; perché il carico da banchina in fase di allestimento è di 15 tonnellate al mq che diventano 30 tonnellate in fase di montaggio e spostamento. La capacità media delle nostre banchine è da 7 a 10 tonnellate a mq. Chi parla quindi di eolico offshore vero, non si rende conto che nessun porto può farlo se non con un ingente investimento pubblico, o pubblico e privato, sfruttando il PPP (Partenariato pubblico privato ndr) con un’operazione dedicata ad un investimento strategico». C’è quindi un tema di infrastrutture, e per Civitavecchia, in questo caso, potrebbe entrare in gioco e risultare fondamentale la nuova darsena “Mare Nostrum”. Ecco quindi la necessità di progettare avendo bene chiari tempi, progetti e caratteristiche da rispettare. «Bisogna quindi ragionare con occhi proiettati a futuro ma con i piedi ben piantati per terra - ha concluso Musolino - dovremmo ad esempio iniziare a ragionare, considerato che abbiamo speso 700 milioni del Pnrr per l’elettrificazione delle banchine, su come vogliamo poi alimentare i nostri porti e le navi che vi ormeggiano».

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