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Quanto accaduto nell’assemblea di Telecivitavecchia merita una riflessione, ma prima sicuramente maggiore informazione e un approfondimento.
I fatti: la cooperativa Telecivitavecchia, proprietaria ed editrice della storica emittente televisiva cittadina, trovandosi in una fase di difficoltà finanziarie, con l’impossibilità di pagare regolarmente gli stipendi ai soci lavoratori, ha contattato diversi imprenditori per sondare il campo a proposito di eventuali proposte di sostegno economico.
Sono state avanzate due offerte: una dell’imprenditore Roberto Serafini, consigliere di amministrazione di Conad, intenzionato a cambiare la compagine sociale della cooperativa, con l’inserimento di nuovi soci, per assumerne il pieno controllo, offrendo poi circa 120.000 euro annui in pubblicità.
L’altra dell’agenzia Seapress, attiva dal 1997 nel settore dell’informazione e della pubblicità, che ha offerto un valore netto per Trc di circa 185.000 euro annui per 3 anni, assumendo la concessione della pubblicità, da cui sarebbero arrivati ulteriori ricavi all’emittente, garantendo programmi informativi e sinergie editoriali a Civitavecchia e su tutto il litorale (dove la televisione è sguarnita di giornalisti), e anche un aumento di retribuzione ai soci lavoratori della cooperativa, la cui maggioranza sarebbe rimasta invariata, a fronte del cda che sarebbe stato indicato da Seapress nella misura di 3 componenti su 5. Il controllo della gestione della cooperativa sarebbe rimasto ai soci e sarebbe stato creato, a tutela dell’imparizalità e del pluralismo dell’informazione, anche un comitato paritario di garanzia editoriale, composto dal direttore Antonio Bandinu (che sarebbe stato riconfermato con pieni poteri nella proposta Seapress, mentre in quella di Serafini sarebbe stato sottoposto alla supervisione editoriale di Maurizio Campogiani), da un componente indicato da Seapress e da uno scelto dai soci.
A fronte di queste due proposte, il consiglio di amministrazione di Telecivitavecchia ha scelto quella di Seapress, motivando la decisione con il minore impatto sul controllo della società, il maggior valore della proposta economica, senza contare che l’informazione e la pubblicità costituiscono gli ambiti in cui l’azienda opera da oltre 25 anni.
Non è chiaro il motivo per cui alcuni soci lavoratori siano “insorti” senza forse neppure conoscere in dettaglio le due proposte e chiedendo una assemblea dove venissero illustrate le proposte (non avendo neppure chiaro di come la scelta fosse di competenza del consiglio di amministrazione e non dell’assemblea).
Martedì scorso l’assemblea, dopo l’illustrazione richiesta al Cda sulla motivazione della scelta dell’offerta di Seapress, avrebbe dovuto prendere atto delle dimissioni di 3 componenti del cda, con l’elezione dei nuovi membri indicati dall’agenzia di stampa.
A causa del livello di tensione creato nella cooperativa da alcuni soci lavoratori, che hanno dichiarato - evidentemente con la regia di qualcuno - lo stato di agitazione proprio alla vigilia del pagamento delle loro spettanze arretrate, e l’incasso dei contributi ministeriali che hanno consentito di saldare tutti i debiti pregressi, il cda ha deciso di non dimettersi, chiedendo alla Seapress di rinunciare alla nomina dei 3 componenti dell’organo amministrativo, sospendendo l’efficacia dei contratti di servizio e mantenendo in vigore soltanto la concessione pubblicitaria in esclusiva.
Non essendoci quindi nulla da votare, la presidente Rita Busato ha chiuso l’assemblea, lasciando la sede dell’emittente, dove i soci rimasti, favorevoli a Campogiani e Serafini, hanno nominato Ivano Iacomelli e Dario Curcio nuovi consiglieri di amministrazione.
Un colpo di mano che potrebbe avere strascichi giudiziari e che porta ad una sola domanda: perché tanto interesse ad entrare nel settore televisivo da parte di un imprenditore che si è sempre dedicato ad altro, oltre a far eleggere sindaci, come gli riuscì con Tedesco e ora vorrebbe fare con il generale Poletti, dichiarando guerra al tempo stesso allo stesso Tedesco, a Mirko Mecozzi, consigliere comunale nonché dipendente Conad (messo sulla graticola in azienda, dove il suo posto pare sia stato “soppresso”) e al presidente dell’Adsp Pino Musolino, “reo” di aver licenziato dirigenti amici dello stesso Serafini ? La domanda ovviamente è retorica.
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