La canzone che ha fatto (e fa) felice tantissima gente resta, ma ben altra è la realtà. “La bella città d’incanto, ch’a tutti piace tanto” di fatto, secondo il rapporto “Aree industriali attrattive: fiscalità locale a misura di imprese e start up” elaborato da Unindustria, Luiss Business School e Fondazione Bruno Visentini, può essere considerata tutto meno che una potentissima calamita per chi abbia intenzione di avviare attività produttive. Che, naturalmente, darebbero slancio all’economia locale (e territoriale) e financo all’occupazione giovanile che ancora oggi rappresenta una iattura molto ma molto preoccupante.
L’approfondita indagine, alla luce di quanto emerso e ormai di larghissima opinione pubblica in tutta la Regione (e non solo), presenta aspetti inquietanti. E rileva in primo luogo che “da una parte c’è un’area industriale (meglio nota a queste latitudini come “zona” – ndr -) dove, come spesso evidenziato anche da chi ha deciso di insediare la propria attività, mancano servizi e un’attenzione adeguata “ (Civonline.it, 2 Marzo) eppoi “dall’altra incidono costi alti che vanno a frenare un eventuale interesse di imprese più o meno grandi” (ibidem). Dunque una foto tutt’altro che attraente e al contrario decisamente sfocata. Che non depone a favore di una città, la nostra, che insegue il sogno dello sviluppo virtuoso, che non c’è giorno che non riempie strade, vicoli, buchi e buchetti (anche più reconditi) di annunci stellari concernenti la realizzazione di opere così fantastiche da determinare una trasformazione epocale.
Insomma, tanto per essere chiari e in estrema sintesi, dallo studio emerge, senza prestarsi ad alcun tentativo di giustificazione o di eccezione che dir si voglia, che a Civitavecchia ad un costo elevato per investimenti non corrisponde neppure lontanamente l’elargizione di adeguati servizi. E in particolare a condizionare negativamente Unindustria, Luiss e la “Bruno Visentini” è risultata la Tari, il cui salatissimo costo ha il potere di far calzare a grandi, medi o piccoli imprenditori gli stivali delle sette leghe e scappare verso altre località. Al riguardo emerge, difatti, che la tassa sui rifiuti di un capannone “small” o “medium” va dai 2.543,10 euro a Pomezia ai 4.880,40 a Fiano Romano, ai 6.000 di Anagni e Colleferro e, niente affatto “dulcis in fundo”, ai 10.495,80 in questa città che pertanto a tutto può aspirare meno che ad incantare qualcuno.
Numeri che lasciano di ghiaccio. Tanto freddi da paralizzare totalmente e tuttavia giusti per capire e far capire perché il decollo tarda maledettamente a baciare una comunità alla ricerca disperata di una dimensione che le permetta di risultare una stella luminosa del firmamento nazionale. Sia per l’importantissima e consolidata ragione di aver raggiunto una stratosferica caratura per essere insieme a Barcellona il porto crocieristico più importante del Mediterraneo, sia per la vicinanza con la capitale d’Italia che invece non fornisce purtroppo gli effetti sperati. E questo perché con evidenza accecante opera una classe dirigente incapace di dirigere un processo che oltre a fruttare benessere potrebbe (e dovrebbe) schiudere orizzonti colorati di felicità per le nuove generazioni. Situazione poco allegra, dunque. E se vogliamo non è solo e soltanto un pur indigesto “rapporto” a mettere il dito nella piaga degli incomprensibili (e per certi versi assurdi) tentennamenti (o, se suona meglio, nel non sapere prendere decisioni indiscutibilmente essenziali ai fini dello sviluppo economico e turistico e, aggiungiamo, della crescita occupazionale).
Basta pensare alle interminabili lungaggini che stanno ostacolando il varo di un progetto di inestimabile valore quale il Marina Yachting e non resta che sbattere la testa al muro da mane a sera. Ed ora ? Punto di domanda inquietante. Al quale cerca però di dare una risposta il giovane e dinamicissimo presidente di Unindustria Civitavecchia, Cristiano Dionisi, proponendo “un tavolo di lavoro insieme con l’establishment di Palazzo del Pincio per affrontare il tema della competitività del territorio e per lavorare insieme al fine di mitigare quei costi che rischiano di pesare sull’operatività delle imprese che trovano poco appetibile investire qui” (La Provincia, 3 Marzo). Parole chiare come purissima acqua di fonte e che offrono lo spunto al presidente di Confcommercio, Graziano Luciani, per piazzare il velenoso affondo: “questa statistica conferma che a Civitavecchia fare impresa è sempre più difficile. Con tariffe del genere in meno di quattro anni sono stati inoltre bruciati 7 milioni di capitale sociale versati dal Comune” (ibidem). E sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda, l’esperto in logistica e consigliere di Civitavecchia Fruit & Forest Terminal Sergio Serpente. Che sentenzia: “Già la scelta di Conad di insediarsi a Tarquinia avrebbe dovuto far riflettere, Oggi serve intercettare le richieste del mercato che ci sono epperò occorre saperle accogliere” (La Provincia, 4 Marzo).
Commenti? Non crediamo che approfondirebbero più di quelli di Unindustria, Luiss e Fondazione Bruno Visentini?
E se saltasse fuori qualcuno in grado di affermare che, al contrario, sarebbe il caso, allora il premio “Io so’ de coccio” gli verrebbe assegnato all’unanimità. Buon tutto a tutti.