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CIVITAVECCHIA – Per Marco Colarossi ed Enzo D’Antò è il giorno della verità. Questa mattina il consiglio regionale del Lazio dovrà infatti votare, a scrutinio segreto, sulla delibera proposta dal presidente dell’assemblea della Pisana Antonello Aurigemma in merito alla sostituzione del consigliere del M5S Colarossi con il suo collega di partito, il civitavecchiese Enzo D’Antò. Sulla base della decisione della giunta per elezioni, Aurigemma propone l’annullamento dell’elezione di Colarossi, che stando agli atti sottoposti all’attenzione della stessa giunta, sarebbe risultato ineleggibile, non essendosi dimesso dal suo lavoro a tempo determinato presso l’assessorato regionale al Turismo entro il termine ultimo del 14 gennaio scorso, ma risultando dimissionario solo dal 20 febbraio.
Ieri Colarossi ha inviato a tutti i consiglieri le proprie osservazioni, già trasmesse ala giunta per le elezioni, che evidentemente non le ha ritenute valide, decidendo per l’annullamento dell’elezione, soprattutto sulla base della dichiarazione della Direzione regionale “Affari istituzionali e Personale”, che con la nota dello scorso 30 marzo aveva sostanzialmente confermato le cause di ineleggibilità del consigliere pentastellato. Secondo Colarossi varrebbero le dimissioni consegnate alla segreteria dell’assessorato il 5 gennaio con decorrenza 12 gennaio, e protocollate dallo stesso Colarossi solo in data 20 febbraio quando si sarebbe accorto che la segreteria stessa non aveva provveduto a protocollarle.
Secondo lo stesso Colarossi, il cedolino paga sarebbe stato in un primo momento chiuso correttamente all’11 gennaio, salvo poi trovarsi con un cedolino chiuso a febbraio, con tanto di stipendio di cui lo stesso Colarossi si sarebbe accorto solo a febbraio, chiedendo di restituirlo alla Regione.
Quanto al badge, non restituito da Colarossi, sarebbe stato utilizzato solo in 3 occasioni dal dipendente, dopo le dimissioni di gennaio, una volta delle quali per “il ritiro dei buoni pasto”, come dichiarato dallo stesso consigliere per giustificare l’utilizo del badge il 18, 26 gennaio e a febbraio. C’è da dire che in regione i buoni pasto sono da tempo dematerializzati, quindi non è chiaro cosa avrebbe ritirato Colarossi, che poi lancia anche una sorta di accusa nemmeno troppo velata riservandosi «la verifica della sussistenza di eventuali situazioni simili alla propria, ossia quelle di altri collaboratori di organi politici poi divenuti consiglieri (il riferimento potrebbe essere per l’esponente del Pd Emanuela Droghei, eletta dopo essere stata collaboratrice dell’allora consigliera Michela Di Biase, dimessasi a ottobre dopo essere stata eletta in Parlamento, ndr) e, soprattutto quali modalità sono state adottate dalla Direzione regionale Affari istituzionali e Personali relativamente alla apertura e chiusura dei cedolini di presenza e se soprattutto a qualcuno di essi è stato addirittura modificato il medesimo cedolino come nel caso di specie, in relazione al tempestivo esercizio del diritto alle dimissioni ai sensi delle norme in materia elettorale».
Un passaggio a dir poco pesante, che sa molto di un chiaro avvertimento a non usare due pesi e due misure su una situazione che comunque, qualora si fosse verificata, sarebbe gravissima, a prescindere da chi ne sia o ne sia stato il presunto beneficiario.
Immediata, e con lo stesso mezzo, una comunicazione a tutti i consiglieri, la replica di D’Antò: «Ho avuto oggi conoscenza dell’iniziativa assunta in data odierna da Marco Colarossi, il quale ha ritenuto di rendervi destinatari delle proprie memorie difensive sottoposte alla Giunta delle Elezioni, naturalmente prima che la stessa effettuasse la proposta di delibera.
Mi limito ad evidenziare – scrive D’Antò – che la Giunta, che è l’unico organo cui è demandato il relativo potere di accertamento e verifica, le abbia già valutate e ritenute infondate all’esito di un’istruttoria approfondita che ha individuato la violazione, da parte del Colarossi, di specifiche disposizioni di legge, così come chiaramente evidenziato nella proposta di delibera che indica l’unico effetto dei comportamenti ascritti al predetto Colarossi. La decisione della giunta, pertanto, rende la deliberazione di domani (oggi, ndr) atto amministrativo vincolato nell’ambito della distribuzione delle responsabilità attribuite a specifici organi tecnici, quali la Giunta per le elezioni, appunto, previste dall’ordinamento regionale e la mancata adozione del provvedimento amministrativo proposto dall'organo deputato esporrebbe l’istituzione ad evidente responsabilità risarcitoria. Infine, devo evidenziare che le affermazioni presenti nelle difese del Colarossi, inerenti a presunti altri accertamenti da effettuare per casi simili, dimostrano totale mancanza di rispetto delle procedure da parte del Colarossi atteso che sono scaduti tutti i termini per procedere a tali accertamenti e che simili questioni non sono state sollevate nelle opportune sedi».
Insomma, comunque vada a finire oggi, sullo sfondo si staglia un quadro che nella migliore delle ipotesi avrebbe visto un grave errore da parte degli uffici regionali, con la mancata protocollazione delle dimissioni, fatta tardivamente dallo stesso consigliere, mentre in caso contrario, si sarebbe di fronte a dei veri e propri falsi, come nel caso del cedolino, o false dichiarazioni, con materia più per la Procura della Repubblica che per l’aula del consiglio, senza contare il messaggio sulla necessità di verificare l’esistenza o meno di altri casi simili che sarebbero stati occultati.