In un centro della provincia di Viterbo, lo scorso fine settimana i carabinieri hanno eseguito una misura cautelare di obbligo di allontanamento dalla casa familiare e di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa con l’applicazione del braccialetto elettronico nei confronti un uomo ritenuto responsabile di violenza domestica nei confronti della moglie convivente.

L’attività, coordinata dalla procura di Viterbo, trae spunto da una intuizione dei carabinieri di quella stazione i quali, nel corso di un’ordinaria attività di routine, nell’esaminare un referto medico giunto loro, inerente delle lesioni patite da una donna, hanno deciso di approfondire la questione avendo essi individuato la presenza dei cosiddetti “fattori di rischio”. Uno dei principali strumenti utili per la rilevazione del rischio è il S.A.R.A. (Spousal Assault Risk Assessment) si basa sull’individuazione di fattori di rischio per riconoscere il livello di pericolosità del maltrattante (basso, medio, elevato, nell’immediato o meno) o verificare un eventuale rischio di violenza letale ( cd: Anna Costanza Bouldry).

Dalle prime verifiche esperite, gli uomini dell’Arma, hanno sentito la donna per indurla a raccontare quanto accaduto. Nonostante i primi dinieghi e le versioni di comodo raccontate per pudore e forse paura, la perseveranza degli operatori ha indotto la donna ad aprirsi e a disvelare la storia.

Nell’interazione con la vittima i militari hanno applicato il protocollo elaborato dagli psicologi del Racis (Raggruppamento carabinieri indagini scientifiche) utilizzando il metodo delle 4 “A” attivazione, accoglienza, ascolto, aiuto.

Acquisita la fiducia della donna, è uscito un racconto della propria vita coniugale dai tratti inquietanti, caratterizzato da evidenti condizioni di disagio.  La donna però non ha voluto sporgere denuncia nei confronti del marito.

La tempestiva raccolta di elementi d’indagine però, e la segnalazione dei carabinieri all’autorità giudiziaria  hanno consentito comunque di delineare un quadro probatorio sufficiente per l’irrogazione delle misure cautelari a tutela della vittima.

L’attività posta in essere dalla stazione è la testimonianza tangibile dell’attenzione dedicata dall’Arma sulla delicata materia della violenza di genere. In tale quadro generale, la presenza dei carabinieri sul territorio e la loro proiezione nei piccoli comuni della Tuscia consente una la giusta e tempestiva efficacia nella risposta dello Stato volta ad attivare misure coordinate di tutela della vittima grazie alla sinergia con i servizi sociali dei comuni.

In questo caso, all’uomo era già stato notificato, più di un mese fa, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa e dai figli minori, a seguito di denuncia per maltrattamenti in famiglia. A metà novembre però, approfittando dell’assenza dalla casa familiare della moglie e dei figli, vi si era introdotto e aveva danneggiato mobili e suppellettili, gettando addirittura dal balcone un televisore e una consolle.

I carabinieri hanno quindi dato esecuzione al provvedimento della misura cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla  moglie, dai figli (minori di anni 14) e dai prossimi congiunti con applicazione di braccialetto elettronico emesso dal gip, a seguito di attività di indagine, conseguente alla querela presentata dalla ex convivente, poiché vittima di continue condotte moleste e persecutorie

«Va ricordato – conclude il comandante provinciale dei carabinieri Colonnello Massimo Friano – che in questi casi l’accoglienza della persona offesa gioca un ruolo cruciale. L’atteggiamento dell’operatore di polizia giudiziaria che entra in contatto con la vittima per la prima volta è fondamentale, in quanto realizza nella donna la percezione che quanto le sia accaduto sia effettivamente una violazione dei propri diritti. Le modalità di accoglienza potranno infatti influire sulla probabilità che la stessa formalizzi una denuncia querela o meno».