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La precarizzazione del mondo della scuola nella Tuscia non conosce freni. Bastano pochi dati per testimoniarlo. Nell’anno scolastico 2015 2016 la percentuale dei contratti a tempo determinato sul totale degli insegnanti sfiorava il 16 per cento, nell’anno scolastico 2022 2023 ha raggiunto il 27,70 per cento. Ma non è tutto. La precarizzazione degli insegnati di sostegno nel 2023 ha raggiunto il 64,81 per cento, mentre nell’anno scolastico 2015 2016 era del 41,82 per cento.
I dati sono contenuti nello studio nazionale della Uil Scuola Rua e la Uil di Viterbo li ha estrapolati focalizzando l’attenzione sulla nostra provincia.
«Nella Tuscia riscontriamo le percentuali di precarizzazione più elevate del Lazio – commenta Giancarlo Turchetti, segretario generale della Uil di Viterbo – Anche negli altri territori la crescita di contratti a termine tra gli insegnati è stata sostanziosa, ma quanto accaduto in questo territorio in otto anni è qualcosa di indicibile».
Basta spulciare tra i numeri assoluti del dossier per trovare ulteriori conferme. Se nell’anno scolastico 2015-2016 i docenti a tempo determinato erano 688, nell’anno scolastico 2020-2021 erano saliti a 1114 per attestarsi alla fine dello scorso ciclo di lezioni a 1374 unità. Parallelamente sono diminuiti gli insegnanti con contratti a tempo indeterminato: erano 3634 nel 2015, 3611 nel 2020, 3586 nel 2023.
«Preoccupa la condizione precaria degli insegnanti di sostegno – aggiunge Silvia Somigli, segretaria della Uil Scuola di Viterbo – passati da 327 nell’anno scolastico 2015 2016 a 871 nello scorso anno scolastico. Stiamo parlando di figure strategiche che sviluppano, insieme con gli altri docenti, una strategia didattica inclusiva che purtroppo però viene interrotta al termine delle lezioni con ricadute negative proprio su quei ragazzi e quelle ragazze più fragili».
Il dossier della Uil scuola Rua si concentra infine sul personale Ata, quello amministrativo, tecnico e ausiliario, fondamentale per il funzionamento delle scuole. Anche in questo settore - negli otto anni di rilevazione - i precari sono aumentati, raddoppiando la loro consistenza: 134 nel 2015, 266 nel 2023.
«La scuola è impantanata – concludono Turchetti e Somigli – ogni anno riproduce le stesse criticità: graduatorie per supplenze errate, professori assegnati e poi rimossi. E così per i ragazzi e le ragazze la continuità didattica viene meno, mentre professori e professoresse restano sempre appesi a una nomina annuale che impedisce loro di progettare un futuro più dignitoso e sereno. Tutto questo si traduce in un ‘sistema istruzione’ claudicante che incide anche sulla crescita del tasso di dispersione scolastica. Cosa fare? Il precariato deve andare in pensione, deve uscire dalle aule, perché tutti gli insegnanti devono avere gli stessi diritti e le stesse tutele».