CIVITAVECCHIA - Un voto unanime del consiglio comunale affinché si apra un confronto con tutti i soggetti interessati sulla futura destinazione delle aree occupate dal polo energetico che sia la più idonea a garantire lo sviluppo economico e sociale dell’intero territorio. È questa la richiesta contenuta nella mozione depositata dal gruppo consiliare del Partito democratico. Una mozione che segue quella urgente presentata dal capogruppo della Lista Grasso, Fabiana Attig, con la quale si mette in evidenza la necessità di applicare a Civitavecchia tutti gli strumenti relativi all’area di crisi industriale complessa.



Con il documento sottoscritto da Marina De Angelis, Marco Di Gennaro e Marco Piendibene si ribadisce come si debba andare all’individuazione di un percorso che garantisca la continuità se non addirittura l’incremento dell’occupazione da qui alla data di cessazione della produzione di energia, relativamente al futuro della centrale di Torre Nord, in vista della dismissione dell’utilizzo del carbone, con Enel che ha presentato un progetto di riconversione con la creazione di quattro gruppi a metano. Un futuro senza centrali, secondo il Pd, considerando soprattutto che «le aree destinate al polo energetico, di  oltre 150 ettari - si legge - sono poste in posizione di pregio e confinanti con quelle del porto. Quindi, per loro naturale vocazione devono essere destinate allo sviluppo dello stesso ed in particolare alla loro vocazione logistica. L’Enel è stato, anche se minoritario al 25%, contitolare della concessione delle aree portuali,  dette Grandi Masse, ma nulla ha fatto per realizzare le opere in esse previste». I tre consiglieri dem ricordano «l’impegno sottoscritto da Enel di investire 300 milioni di euro in energie alternative, investimenti che avrebbero dovuto assicurare alla città il massimo coinvolgimento dell’imprenditoria locale con una ricaduta diretta ed indiretta di circa 80 milioni di euro» e «l’impegno disatteso da Enel di insediare nel territorio cittadino le imprese start-up vincitrici di un bando indetto dalla stessa Spa nonché l’impegno di restituire alla città l’area di circa 40 ettari utilizzati come parco nafta non più necessaria a seguito della riconversione a carbone». Ed ipotizzano appunto un’uscita dal carbone che non significhi necessariamente una riconversione, l’ennesima, della centrale, quanto piuttosto la riqualificazione di quelle aree, per uno sviluppo più rispondente alle aspettative e alla vocazione del territorio e del suo porto. D’altronde De Angelis, Di Gennaro e Piendibene hanno ribadito che la città «ha subito le servitù connesse al Polo energetico per oltre 60 anni - hanno spiegato - con un ritorno occupazionale di tre volte inferiore rispetto a quello degli standard nazionali». Non ci sarebbe motivo, quindi, per proseguire su questa strada. Ecco perché si chiede il coinvolgimento del consiglio tutto per un confronto serio e concreto sulla futura destinazione delle aree occupate dalla centrale.