Dopo il sisma di giovedì ieri a Canino è stata rilevata una nuova lieve scossa di magnitudo 1.3. “La situazione è monitorata - ha fatto sapere l’amministrazione comunale - non si registrano danni”. Rispetto alle verifiche del giorno prima, la stessa amministrazione comunale fa sapere che “a seguito del sopralluogo dei vigili del fuoco e dell'ufficio tecnico, è stata transennata l’area sottostante il campanile della chiesa Collegiata in quanto è stata constatata la presenza di sfaldamenti superficiali su alcuni blocchi di tufo. Tale situazione non è ricollegabile all’evento sismico ma all’azione di agenti atmosferici nel corso del tempo. Pertanto, in attesa di un rapido intervento di ripristino, si è proceduto col delimitare una zona di sicurezza”.

Intanto la situazione ripropone i rischi di una localizzazione del Deposito di scorie nucleari nella Tuscia per i rischi sismici ma anche idrogeologici, sanitari ed economico-sociali legati alla morfologia del Viterbese.

«Il terremoto di giovedì a Canino – dice Antonio Menghini, geologo, responsabile scientifico e consigliere del comitato No scorie di Canino, nato due mesi fa contro l’ipotesi del Deposito a Canino e nella Tuscia e ad oggi con 1.035 iscritti – è stato di 3 gradi e non ha arrecato grandi danni ma il punto è un altro. Andando ad analizzare i dati storici che stanno sul sito dell’Ingv si vede che, dall’anno 1000, ci sono stati eventi simili che hanno avuto magnitudo maggiori. Questo ci conferma che il territorio di Canino non è asismico ma ha rischio limitato e, ciò, potrebbe fare pensare a Sogin che il problema si risolve solo adottando soluzioni ingegneristiche che mettano in sicurezza il Deposito come si fa per le costruzioni civili: si progetta considerando un terremoto atteso in un determinato arco temporale, con dati forniti dall’Ingv». In realtà, però, la tempistica smentisce Sogin, secondo Menghini, perché «mentre per l’ingegneria civile parliamo di tempi di ritorno di eventi sui 50 anni, più aumenta il tempo di ritorno e più aumenta la magnitudo dell’evento probabile. Per il Deposito, essendo una struttura che deve resistere almeno 300 anni, se consideriamo i rifiuti a bassa radioattività, la probabilità di un forte terremoto è molto più grande. Parliamo di una probabilità del 5-7% ma di una magnitudo fino a 6 gradi».

In Italia Menghini, dati alla mano, specifica ancora che «i sono tante altre zone in cui la magnitudo attesa, per gli stessi tempi di ritorno, è notevolmente più bassa o non ci aspettiamo proprio terremoti. Per cui perché forzare la mano e imporre la scelta del sito su questo territorio che ha, comunque, una sua sismicità?».

Problema ancora più serio, per Menghini, per le risorse idriche.

«Il rischio sismico non è il più drammatico – dice ancora il geologo – in base alle probabilità, mentre ci sono rischi notevolmente più elevati legati alle risorse idriche che, la stessa Sogin, ammette che sono presenti in zona a bassa profondità e che, in caso di realizzazione del Deposito nazionale di scorie nucleari, verrebbero sicuramente interessate da qualsiasi tipo d’incidente. Perché anche le misure di prevenzione non sono mai a rischio zero». Tutti questi fattori, per il comitato zero scorie di Canino, dovrebbe fare ripensare la Sogin sulla localizzazione qui e nella Tuscia del Deposito. Quindi un confronto con opere come il ponte sullo Stretto di Messina. «Il ponte sullo stretto – conclude il geologo Menghini – è un’opera che va fatta specificamente in un posto con le relative strategie ingegneristiche antisismiche, mentre per il Deposito è tutto diverso perché il sito va scelto e nessuno ci impone di ubicarlo nella VT-34 che è sopra l’area di ricarica di una sorgente pubblica. Serve posizionare il Deposito in un’area in cui il rischio sia minimo per ogni parametro considerato».